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Cockatoo – Convert Audio and Video to Text with AI

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«Attenzione, ci sono interessi particolari che diffondono la narrazione di un SSN in declino»

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«Attenzione, ci sono interessi particolari che diffondono la narrazione di un SSN in declino»

 

Ragioneria Generale dello Stato – Ministero dell Economia e delle Finanze – Spesa sanitaria – Anno 2023

Apre le danze la Ragioneria generale dello Stato, non tanto perché si parla di soldi, argomento sempre molto stuzzicante e che attizza la sensibilità di tanti, ma perché il suo termometro restituisce informazioni molto rilevanti per misurare lo stato di salute dell’universalismo. Nel suo rapporto n. 10 del 2023 sul monitoraggio della spesa sanitaria, oltre a dirci come il SSN nel 2022 ha speso circa 130 miliardi di euro, la Ragioneria segnala che a questa cifra vanno aggiunti circa 40 miliardi di spesa cosiddetta “out of pocket”, cioè pagata direttamente dai cittadini per prestazioni erogate sia dentro che fuori il SSN. Di questi circa 40 mld, solamente poco più di 3 mld sono dovuti ai ticket riferiti alle prestazioni ambulatoriali ed ai consumi farmaceutici erogati per il SSN. Questo significa che a fronte di una spesa sanitaria complessiva di circa 170 mld i cittadini italiani hanno contribuito di tasca propria per quasi un quarto (25%).
Questa spesa “out of pocket” ha avuto una contrazione nel 2020 (-11,6% rispetto al 2019), effetto evidente della pandemia da Sars-CoV-2 quando molte attività sanitarie si sono ridotte (si vedano anche i diversi contributi apparsi su queste colonne), ma poi ha ripreso il trend in crescita (nel 2022: +8,3% rispetto al 2021), ed è ragionevole ipotizzare (per via della incompletezza dei sistemi di rilevazione) che i 40,26 miliardi calcolati dalla Ragioneria rappresentino una sottostima della spesa reale complessiva affrontata di tasca propria dagli italiani in tema di sanità.
In termini di composizione della spesa “out of pocket” il peso prevalente, sempre secondo i dati della Ragioneria, riguarda la spesa per visite specialistiche ed interventi ambulatoriali (45,8% del totale), valore che è in linea con quello degli anni precedenti e che per quasi un terzo è costituito dalle prestazioni odontoiatriche.
Dal punto di vista della spesa pro-capite i 40 mld totali dicono che ogni cittadino italiano in media ha speso 682 euro nel 2022, con valori che vanno dai 351 euro della Basilicata e 382 della Calabria agli 852 dell’Emilia-Romagna e 937 della Lombardia. Trattandosi di valori medi e considerando la quantità di persone che non avranno avuto bisogno di prestazioni sanitarie si può facilmente capire a che livelli di spesa di tasca propria si può arrivare per le persone più fragili e maggiormente bisognose di interventi.
La seconda informazione viene dai dati OCSE. A fronte di una spesa sanitaria pubblica (cioè del SSN, pubblico e privato accreditato) che notoriamente per l’Italia si attesta al di sotto della media europea, la spesa sostenuta di tasca propria dai nostri cittadini è invece più alta rispetto alla media continentale: a fronte di un valore per l’Europa che è quasi del 19% della spesa complessiva, in Italia siamo al 25,4%, cioè superiore al valore europeo di circa 30 punti percentuali.
Ed anche in termini di composizione c’è diversità: se in Italia la spesa ambulatoriale out of pocket, odontoiatria compresa, cubava il 45% della spesa di tasca propria, a livello europeo abbiamo un 20% di spesa ambulatoriale ed un 10% di spesa odontoiatrica. Anche la spesa farmaceutica è superiore a quella media europea: 29% vs 24%) mentre è decisamente inferiore quella per residenzialità e semiresidenzialità (11% vs 24%). Con la prudenza con cui devono sempre essere esaminati questi confronti internazionali, è però evidente che nel nostro Paese il cittadino contribuisce di tasca propria in tema di sanità molto di più di quanto faccia il cittadino europeo medio. Non solo, ma questa spesa di tasca propria negli ultimi 6 anni è cresciuta di più del 40%, passando dai circa 28 miliardi del 2016 ai circa 40 del 2022. Sulla stessa lunghezza d’onda è l’ultimo rapporto OASI del Cergas Bocconi a cui si è già fatto riferimento da queste colonne. E gli esempi potrebbero continuare.
Tutti questi dati non dicono per quale motivo il cittadino italiano sceglie di, o si vede costretto a, sborsare 40 miliardi di tasca propria per la sanità (lunghe/corte liste di attesa, maggiore/minore efficacia degli interventi, soddisfazione/insoddisfazione degli utenti) ma rivelano un elemento certo: la disponibilità di molti cittadini a mettere in secondo piano il tema dell’universalismo. Se un italiano su quattro è disposto a pagare con risorse di tasca propria per avere servizi sanitari significa, parafrasando don Milani, che “l’universalismo non è più una virtù” e va ripensato il suo significato come pilastro del SSN. Proposte ci sono (ad esempio si parla già di universalismo selettivo, cioè un universalismo che non copre tutte le attività che attualmente fanno parte dei Livelli essenziali di assistenza) ed è importante che le possibili soluzioni siano frutto di scelte esplicite, di priorità identificate, e non siano il risultato di fenomeni di iniquità, di un razionamento implicito o dettato dal caso o dalla capacità individuale di destreggiarsi nel mare magnum della nostra burocrazia.
Ma allora crolla il SSN? Molte sirene di sventura, soprattutto quando non sono al governo (perché cambiano le maggioranze, si invertono i ruoli degli interpreti, ma il contenuto della recita non cambia: finanziamento insufficiente, poco personale, lunghe liste di attesa), suonano questa musica, ma non è la melodia che riteniamo adeguata. Dopo 45 anni (appena compiuti) è ragionevole che il SSN abbia bisogno di una seria riforma, ed un ripensamento anche sui suoi pilastri: la riflessione sul concetto di universalismo è uno dei primi necessari passaggi.
C’è l’urgenza di intervenire prontamente perchè i malati non possono aspettare tempi biblici.

Sorgente: Ragioneria Generale dello Stato – Ministero dell Economia e delle Finanze – Spesa sanitaria – Anno 2023

 
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Pubblicato da su 13 gennaio 2024 in farmacoeconomia, spesa sanitaria, top

 

Un wc-shop a Napoli, 1 euro “se ti scappa”: musica, dispositivi igienici e profumi – la Repubblica – bagni wc

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Pubblicato da su 13 agosto 2023 in sociale, top

 

(435) Occidenti e Modernità: crisi della politica e critica del discorso progressista Con Andrea Graziosi – YouTube

 

Ragioneria Generale dello Stato – Ministero dell Economia e delle Finanze – Bilancio semplificato dello Stato – Anno 2023 – Quadro generale

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Pubblicato da su 21 luglio 2023 in farmacoeconomia, spesa sanitaria, top

 

Overview | Chronic kidney disease: assessment and management | Guidance | NICE

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High-protein diet is bad for kidney health: unleashing the taboo | Nephrology Dialysis Transplantation | Oxford Academic

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Cina Lockdown e vaccini

Marzio Sisti – Infettivologo sta condividendo un aggiornamento sul COVID-19.

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LA CINA e’ il peggio…???

E’ utile fare i test antiCOVID alle frontiere per chi arriva dalla Cina?

Sono domande che ci poniamo in questi giorni, di fronte all’improvvisa (ma non inattesa) fiammata epidemica cinese.

WARNING: post lungo ed in parte complicato. Leggete solo se siete comodi ed avete un po’ di tempo.

Dobbiamo partire da quanto avviene da noi, in Italia ed in Europa e dal clima di “E’ finita la Pandemia” che ormai aleggia da tempo alle nostre latitudini. Non entro nuovamente su questo aspetto. Ho già scritto numerosi post segnalando l’assurdità e la superficialità di tale affermazione.

Da qui una parte dello “stupore” di veder ritornare in gioco una serie di azioni (limitazioni della mobilità mediante screening alle frontiere ed applicazione di norme di isolamento) proprio nel momento in cui viceversa, a livello italiano si sta smontando praticamente tutto quanto messo in piedi negli anni scorsi (ndr: in parte è giusta, in parte è errata questa volontà di “restaurazione”, ma non è l’argomento del post).

Da questo “stupore” italico, quanto sta avvenendo in Cina è la dimostrazione pratica degli sviluppi di alcuni fatti su cui si sta discutendo da tempo attorno a COVID.

1)Lockdown (LD): il lockdown funziona.

Se lo scopo del LD è smussare i picchi epidemici e “flat the curve” (appiattire la curva), il risultato in Cina è stato raggiunto. Ricordiamo che fino al novembre 2022 in Cina i casi ed i decessi per COVID sono stati enormemente minori rispetto all’Italia e all’Europa. Chi, ancora oggi, critica l’aver applicato, in Italia, il LD nel 2020 a marzo aprile maggio e poi a novembre dicembre puo’ adesso vedere, nella realtà cinese, cosa sarebbe successo se non ci fosse stato.

 
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Pubblicato da su 4 gennaio 2023 in covid19, epidemiologia, top

 

NO, L’ITALIA NON è tra gli Stati che hanno registrato i peggiori dati in termini di mortalità e contagio per COVID

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Ho pubblicato alcuni post:

https://bit.ly/3DIIPgl

https://bit.ly/3sIezw0

Con piacere vedo che importanti ed autorevoli scienziati ed esperti hanno espresso queste opinioni giungendo alle stesse conclusioni.

https://www.facebook.com/cattiviscienziati qui: https://bit.ly/3DdEBvK e https://www.facebook.com/antonellaviolaofficial qui: https://bit.ly/3FuGEhU

come va in Ungheria?
https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=pfbid05jA6RXFKTPrDmBdo8ZYVmmwc8gypmu6W4D14HsvRfFTZPBB1Wuuy4zdbwRivZNNtl&id=100009914490292&cft[0]=AZWd2okYJ21USTW7RDPE3CEBN_JyvGT9PC-_F5OFeyEVFIUCIUT2YOG1ka4fTiN8Ssbd-4gpkcqeiQrLYhZP8apCdYR0V_dWZtT0UuDDJMFbE9BI87Wo0Y7lZr61nKUEwSPd6dVa3qNR0zA7mGbqI8Ep317YY9hHPPtfGx6QJXMSHQ&tn=%2CO%2CP-R

I NUMERI. basta leggerli.

Probabilmente la Meloni (e chi le dovrebbe fare da consigliere tecnico) non sa leggere.

Altrimenti non si spiega la frase “nonostante questo è tra gli Stati che hanno registrato i peggiori dati in termini di mortalità e contagio” detta dal premier durante il discorso in Parlamento

Questa è una favole che gira da mesi e mesi, supportata, ahimè anche da alcuni “esperti” .

Guardando la nostra Europa, dove quindi la diffusione epidemica ha avuto ondate più o meno simili e considerando il clima, vediamo, dal grafico (in allegato-nazioni che hanno avuto più decessi) che l’Italia, pur se ha avuto certamente una notevole numero di decessi, purtroppo è in buon compagnia e risulta ben indietro tra le nazioni europee con più decessi ed ha numeri simili a nazioni considerate virtuose come Spagna, Portogallo, Francia.

Andiamo, inoltre, a vedere due fattori MOLTO importanti e di cui occorre tener conto:

1)L’Italia è stata la PRIMA nazione europea (ed al mondo al di fuori della Cina) ad avere l’ondata COVID a partire da fine febbraio 2020. Se da quei numeri si potesse togliere quella prima fase, in cui gli altri paesi ci guardavano quasi con stupore e un po’ di ironia ( ” i soliti italiani che non sono capaci di nulla”) semplicemente perchè il virus non era ancora arrivato da loro (ma sarebbe stato questione di giorni qui il TIME del 10 marzo 2020 https://time.com/5799586/italy-coronavirus-outbreak/ ) e in cui il disastro abbattutosi sul nostro paese era di dimensioni apocalittiche, i nostri morti sarebbero ancora meno.

Per capirci al 1° aprile 2020 (quindi dopo circa 30-40 giorni dall’inizio dell’epidemia in Italia), la nostra nazione aveva 3 volte tanto i decessi di UK, 10 volte tanto i decessi del Portogallo, 100 volte tanto i decessi della Ungheria e 153 tanto i decessi della Bulgaria.

Ho indicato Ungheria (dell’amichetto Orban) e Bulgaria che sono, invece ed ora, di gran lunga ed effettivamente, le nazioni con più decessi in Europa.

2) L’Italia aveva (ed in parte, ha ancora) la popolazione più vecchia d’Europa (e tra le più vecchie del Mondo).

Nel 2020, su dati non ancora “inquinati” dal COVID, l’ Italia aveva il record di over65 con il 22,8%

https://www.ansa.it/…/-italiani-i-piu-vecchi-deuropa-il….

Ricordiamo che gli over 65 sono coloro che hanno pagato il prezzo più alto alla mortalità per COVID.

I dati sopra riportati sono dati semplici, facilmente ritrovabili in rete ( la Meloni, ovviamente, non ha mai avuto il modo di studiare epidemiologia) e mi lascia perplesso che i suoi “consiglieri tecnici” non le abbiano dato notizie migliori.

Concludo ricordando che WHO/OMS , nel 2020 a settembre , ci fece i complimenti ed anche la stampa tedesca ebbe parole di ammirazione

https://www.ansa.it/…/coronavirus-oms-italia-esempio…

https://stream24.ilsole24ore.com/…/coronavirus…/ADHx0er

per come eravamo riusciti a gestire l’epidemia anche grazie ai lock down su cui la Meloni parla male.

Spero che nei mesi prossimi il Premier capisca quanto sia veramente accaduto e, tolta ormai la necessità di fare opposizione a qualunque costo e quindi sparare sul Governo, da Governante dia la giusta dimensione agli avvenimenti.

REVISIONE STORICA …

Negli ultimi 2-3 mesi (campagna elettorale), ma anche nelle ultime settimane [1], è stata alimentata ad arte dalla “multinazionale no vax” una campagna denigratoria contro le misure adottate dal precedente governo nel 2021 ed inizio 2022 volte sia ad incentivare la vaccinazione che a ridurre il rischio di contagio nei luoghi a maggior rischio (Green Pass ed obbligo vaccinale).

La base pseudo-scientifica di questa campagna è che I VACCINI NON HANNO MAI PROTETTO DAL CONTAGIO e “loro lo sapevano!!!”.

Ora le prove che le cose non stanno così in epoca pre-omicron sono talmente eclatanti che non vale neanche la pena tornare sull’argomento.

Abbiamo però sempre detto che “con il senno di poi”, probabilmente tali misure non servivano più in epoca Omicron, dato che la protezione dal contagio dei vaccini contro Omicron 1-2 sembrava molto scarsa.

Ora è uscito questo bellissimo studio sul NEJM [2] che ci dice che le cose non stanno così.

Probabilmente il nostro governo ha fatto bene ad insistere con tali misure anche durante la prima ondata Omicron.

Perché?

Perché questo studio ci dimostra che:

1. i vaccinati con booster avevano una protezione dal contagio variabile tra il 40 ed oltre il 70% rispetto ai non vaccinati (figura 1)

2. la terza dose aveva una efficacia incrementale del 50% rispetto alla sola seconda dose.

3. Il fatto di essere guarito dal covid in epoca pre-Omicron in un non vaccinato conferiva una protezione dalla re-infezione con Omicron nettamente inferiore rispetto a quella conferita dalle 3 dosi.

Ricordo che questo studio è attendibilissimo per una serie di aspetti metodologici: ampia numerosità (quasi 70.000 persone); studio di popolazioni ad alto rischio di infezione (carcerati e personale che lavora nelle prigioni); popolazione testata regolarmente e frequentemente; analisi statistica solidissima che rende questo studio molto simile ad un trial randomizzato come livello di evidenza.

CONCLUSIONE. Oggi viviamo una situazione di “quasi normalità”. Ma ricordiamoci sempre da dove siamo arrivati e cosa ci ha permesso di ritornare a questa “quasi normalità”.

La “revisione storica” o meglio “la memoria storica” è fondamentale, non per alimentare la solita strumentalizzazione pseudoscientifica, bensì per far crescere in noi un sentimento di genuina GRATITUDINE.

[1]https://www.facebook.com/drvitalepadova/posts/pfbid0kxSUuS7hRoLLFqMzWEk4GpW1bDfqZQS6oJP4M7DqEVunXwFsojfVGiK2Wn1tGtZ2l

[2] https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2207082

 
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Pubblicato da su 30 ottobre 2022 in covid19, epidemiologia, top

 

Contratto Dirigenza Sanitaria: competenze, meriti e valutazioni – Quotidiano Sanità

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Tutto quello che avreste voluto sapere sulla bufala dei “tagli alla sanità” e che non avete mai osato chiedere – Luigi Marattin

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Pubblicato da su 23 agosto 2022 in farmacoeconomia, spesa sanitaria, top